Siamo una cooperativa di sole donne nata nel 2010. Produciamo caffè artigianale, secondo l'antica tradizione napoletana, all’interno del più grande carcere femminile di Pozzuoli - Napoli. Con noi lavorano le donne detenute che vogliono essere protagoniste attive del loro cambiamento, perché come insegna Simone de Beauvoir «donne non si nasce si diventa».
Da donne libere abbiamo scelto di impegnarci attivamente in una impresa tutta femminile che valorizzi i saperi artigianali e generi inclusione sociale. Perché solo il lavoro offre dignità e possibilità di riscatto reale. Il caffè delle Lazzarelle è nato mettendo insieme due soggetti deboli: le donne detenute e i piccoli produttori di caffè del sud del mondo. Acquistiamo i grani di caffè dalla cooperativa Shadhilly che promuove progetti di cooperazione con i piccoli produttori. Nel tempo abbiamo aggiunto alla nostra produzione di caffè artigianale quella di tè, infusi e tisane.
Nella nostra cooperativa si sono avvicendate sino ad oggi 70 donne, ognuna con la propria storia, diversa ed identica alle altre. Molte di loro, prima di lavorare con noi, non avevano mai avuto un regolare contratto di lavoro. Con noi imparano un mestiere, ma soprattutto acquisiscono coscienza dei loro diritti e delle loro possibilità.
Il nostro caffè è prodotto, in ogni fase del suo procedimento di lavorazione, senza aggiunta di additivi, rispettando i tempi naturali di preparazione della antica scuola artigiana napoletana. Le nostre confezioni di caffè sono realizzate in materiale plastico senza alluminio in modo da poter essere riciclate con la plastica nella raccolta differenziata.
Al termine della prima fase d'aula, le studentesse e gli studenti partecipano a giornate esplorative sul territorio al fine di toccare con mano alcune delle realtà analizzate in classe.
I ragazzi e le ragazze della III e IV C dell'ISIS Vittorio Veneto hanno visitato Mani Tese a Piazza Cavour, simbolo di solidarietà e giustizia sociale nel cuore della città di Napoli. All'interno della bottega del commercio equo e solidale, oltre ad esplorare i vari prodotti provenienti da economia sociale e carceraria e da piccole cooperative del sud del mondo, si sono confrontati su democrazia, beni comuni, consumo responsabile e critico. In questo modo, gli studenti e le studentesse hanno avuto l'occasione di riflettere sulla libertà e sulla responsabilità, in un ambiente unico che rappresenta da anni uno spazio di resistenza nel cuore di Napoli.
Grazie all'impegno dei volontari di Mani Tese, gli studenti e le studentesse si sono cimentati in un esercizio di dibattito incentrato sul tema delle disuguaglianze socio-economiche e sulla giustizia sociale.
Partendo da un case study realistico di un processo, i ragazzi e le ragazze si sono divisi in tre gruppi immaginando di rappresentare la difesa, l'accusa e la giuria, esercitando sia la propria capacità di immedesimazione e quindi di empatia, che la loro abilità retorica e di strutturazione del pensiero.
Le studentesse dell'Istituto Attilio Romanò, insieme alle operatrici di progetto, hanno visitato Chikù, lo spazio culturale gestito dalle associazioni Chi rom e chi e Kumpania, che da anni realizzano interventi di pedagogia inclusiva e laboratori di teatro sul territorio di Scampia, facendo incontrare la comunità partenopea e quella rom in ottica di collaborazione e sinergia.
All'interno di Chikù sorge un esempio di impresa sociale basato sull'unione tra il patrimonio gastronomico napoletano e quello balcanico. Abbiamo incontrato le donne protagoniste di questa impresa che ci hanno raccontato i loro vissuti e la loro esperienza di riscatto attraverso un lavoro creativo e unico nel suo genere.
Un'occasione preziosa per discutere, insieme in un cerchio, di emancipazione femminile e di indipendenza economica come mezzo per contrastare e superare relazioni interpersonali limitanti, controllanti e violente.
Abbiamo poi scoperto il primo ecomuseo della Campania: MOSS è uno spazio in cui ricordi e suggestioni di diverse comunità si fondono in modi creativi e affascinanti, attraverso il riciclo e il riutilizzo di materiali che riprendono forma attraverso le storie e le voci delle persone del territorio, ma anche le testimonianze dei visitatori.
Il cerchio delle donne da Chikù: insieme alla scoperta di imprenditoria femminile e attivismo che cambiano i quartieri e le periferie.